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NEFFA: IL FATTORE SORPRESA

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NEFFA & DEDA: IL FATTORE SORPRESA

AL 28 Aprile / Maggio 1998

Di Paola ZKR Zukar

Come gioca il fattore sorpresa quando interviene nelle rigide strategie dellʼuniverso? Da che il mondo esiste, non cʼè arma migliore se non il cogliere inaspettatamente i propri avversari mentre stanno pensando a tuttʼaltro... Abbozzerei che questo è il caso. E Neffa è pure recidivo. Prendo la cassettina con i “107 Elementi”, inserisco nellʼapposito mangianastri e sto ad ascoltare; qualche giorno prima di incontrare Neffa la faccio girare e rigirare per bene sulla piastra, e mentre passo diverse orette ad assaporare il copioso materiale inedito, mi rendo conto che siamo di fronte ad una svolta fondamentale. Un lavoro così non può lasciare lʼambiente così come lʼha trovato, cosa che fra lʼaltro mi pare succeda puntualmente ad ogni uscita discografica dei componenti dei Sangue Misto, siano essi insieme o paralleli mentre percorrono strade solitarie. La strada per Bologna da Milano è talmente noiosa che dà un motivo in più per perdersi in mezzo ai suoni senza limiti dellʼautoradio e ancora una volta mi ritrovo a fare due conti sullʼimpostazione di questa intervista. Nonostante il mio arrivo a Bologna capiti non proprio in prima mattinata, mi trovo un Neffa piuttosto impastatello di sonno che non ha ancora preso il caffè e che, a causa dellʼintervista, è costretto a saltare il rito della lettura del quotidiano sul balconcino del suo appartamento allʼultimo piano, baciato dal sole pallido di marzo. Ma la sua impreparazione è solo apparente: in realtà, è pronto e determinato a raccontare per filo e per segno quello che lo ha portato a mettere insieme questi “107 Elementi” e a far sì che la linea di fondo di tutto il lavoro sia un album ricchissimo di suoni diversi, di rime articolate e di stili eterogenei. Mi rimane la convinzione che non deve essere semplice per una persona schiva ed introversa come lui trovarsi davanti sul palco e sotto i riflettori; accettare una simile posizione significa non solo prendersi carico di una notevole responsabilità ma anche, in un certo senso, lottare contro la propria natura. Neffa appare davvero come una persona riservata, uno che vedo molto incline, un giorno nel futuro, a mettersi seriamente e saldamente dietro una consolle a produrre altri che vadano in faccia al pubblico al posto suo, anche se per il momento interpreta il suo ruolo attuale al meglio. Mentre dà ancora unʼultima occhiata al giornale di oggi, legge distrattamente ad alta voce: “ʻEʼ in arrivo unʼenciclica per combattere la New Age, perché queste filosofie escludono Dio dalla storia o lo annettono, ma non lo concepiscono come persona...ʼ e beh,” commenta, “se lo si dovesse concepire come persona sarebbe uno stronzo... manco una cartolina mentre la gente va ai forni o è uccisa dai gas in metropolitana; se fosse una persona dovrebbe almeno...”, si interrompe e continua a leggere lʼarticolo “ʻ... e perché propugna un generico volersi bene senza accettare il principio del sacrificio e poiché eleva la natura stessa a divinitàʼ... Pare che la New Age non sia abbastanza politically correct...”

-Più che altro mi sorge il sospetto che chiunque non la racconti come va bene a loro, non sia comunque accettabile... Ma veniamo a noi, al nuovo album e al suo sapore... Tu trovi che il pubblico a cui piace lʼHip Hop sia un pubblico che afferma “Dai, sorprendimi!”? Perché da come hai costruito il tuo lavoro sembrerebbe che tu voglia davvero coglierli con la guardia abbassata...

“Mah, diciamoci un paio di robe; io ho sempre fatto i dischi anche per il pubblico, sarebbe stupido se io ti dicessi che io faccio i dischi solo per me... Eʼ chiaro che faccio i dischi per me, ma tengo anche conto della gente e, in questo caso, sentivo di aver delle cose da dimostrare; non volevo sorprendere nessuno, volevo solamente dimostrare che, soprattutto con il mio primo Lp da solo, non si era ben capito chi io fossi in realtà. Sai, quel disco era uscito già vecchio per me, io con la testa ero già altrove, quindi è stata una cosa piuttosto naturale cercare un grosso margine di miglioramento; ti assicuro che non sarà mai intenzione mia, né di Deda, per come ci conosciamo a vicenda, sederci su qualcosa che abbiamo già fatto. Giusto per concludere il discorso del pubblico, magari posso sembrare un poʼ polemico dicendo ʻsta roba, ma, da come vedo io queste cose in Italia, io non faccio i dischi per il pubblico di Hip Hop, perché intanto il pubblico di Hip Hop è interessato magari a roba anche un poʼ meno vera, però sicuramente più teatrale; sinceramente da quel pubblico mi interessa, come credo anche a Deda e agli altri ospiti del mio disco, che percepisca che, se si vuole giocare allo spesso e fare un certo tipo di testi, noi veniamo da unʼaltra parte della città.”

-Penso comunque che la giovane età della maggior parte dei fruitori di Hip Hop, al momento giochi un ruolo fondamentale nella produzione della musica attuale...

“Io penso che questi ragazzi avranno abbastanza territorio dove circolare in questo disco; ho cercato più o meno di portare chi ascolta dentro al mio mondo, nel senso che la compattezza che ha questo disco rispetto a quellʼaltro, è che il primo era stato fatto in un tempo così lungo che doveva seguire anche diversi stati dʼanimo, di conseguenza ci trovavi pezzi come “Aspettando Il Sole” e “Puoi Sentire Il Funk”, tanto per capirci, diametralmente opposti fra loro. Io, sinceramente, ho anche scartato un paio di pezzi perché erano un pelo troppo leggeri... Alla fine, dopo tutto questo tempo, mi sono ritrovato a prendere una decisione... Faccio un esempio: sono appena stato a Milano e ho sentito il pezzo che ha fatto Gruff con Sean e mi sono piegato in otto dal ridere come un origami, perché lui quella roba la fa benissimo! Eʼ devastante... Ecco, diciamo che quella roba la sappiamo fare abbastanza anche noi, con uno stile sicuramente un poʼ diverso perché Gruff lì è unico, però quando mi sono trovato poi a pensare ad un Lp, quindi ad una cosa che ti fa stare in giro per due anni, con gente che veniva da me per dirmi ʻsai, ascolto le tue canzoni e mi piacciono tantoʼ e mi immaginavo questi che si ascoltavano le mie canzoni del primo Lp e rabbrividivo un poʼ... Bah, non so se ha prevalso in me un certo tristismo o serismo, o ha prevalso la mentalità che mi diceva che, se io devo fare un disco che rimane scritto, che rimane inciso proprio tipo la ʻspada nella rocciaʼ, allora a quel punto credo che mi interessi metterci dello spessore, metterci qualcosa che alla fine del pezzo porti lʼascoltatore a dirsi che forse ha un senso mettersi lì a riascoltarlo un poʼ di volte. Tante volte, lʼeffetto che ho io qui, quando ascolto il rap, e non ti parlo di grossi calibri ovviamente, è quello di alzare il livello medio: ma tu hai mai pensato, anche solo per un momento, se a me poteva interessare ascoltare ʻsta roba? Io ho già fatto questo discorso più volte, e non solo su Aelle, anche se mi pare non venga capito, perché molta gente sente gli americani fare determinate cose e pensa che lʼoperazione da fare sia tradurre letteralmente quello che loro vedono qui da noi, quindi ti trovi dei marmocchi mocciosi di sedici, diciassette anni che con un flato volano via, fare discorsi in freestyle del tipo “io spacco culi, io apro vergini...”, oh, ma cerca di star tranquillo un attimo, tu non hai neanche mai preso uno schiaffo da tua mamma per qualcosa...

-A questo punto è da sottolineare assolutamente uno degli apici dellʼalbum, toccato da “Suona Ancora” e che va: “Impustero, vero per davvero, numero zero, quando ero col flavor per la sclero”...

“Sì, infatti lì cʼè tutta una parte che parla un poʼ dei tempi. Anche perché poi comunque ci sono da spiegare delle cose: io penso, per esempio, che in questo disco ci sia moltissimo Sangue Misto. Ma Sangue Misto non significa che noi andiamo fuori a fare i discorsi per forza altisonanti, da incazzati. Sangue Misto significa soltanto: sto cercando la mia via, capisci? A me non interessa andare a fare liti da cortile su un Lp, a me interessa allargare il cortile, che non significa però che siamo tutti dentro, vuol dire solamente che se in Italia vuoi venire nella mia zona, la prossima volta te ne devi uscire con dei testi quanto meno competitivi. Ecco, per me la sfida è più simpatico che sia questa. Io penso che siano i dischi a parlare e ho cercato di arrivare abbastanza lontano con la voce utilizzando questo disco, poi non so se ci sono riuscito, però lʼintenzione era di essere completamente fiero. Devo dire che, a livello di composizione dei pezzi, lo sono; una volta che io ho fatto il disco, e lʼho fatto come voglio, e lʼho fatto cercando di metterci dentro tutti gli elementi di cui disponevo, provando a raggiungere in varie direzioni i miei confini e provando anche ad andare oltre, ecco, a questo punto mi sento in pace con me stesso.”

-Quindi che tipo di aspettative hai dai “107 Elementi”?

“Diciamo che io a questo punto ho delle aspettative professionali: cambiare casa, riuscire a fare un anno in cui porto in giro questo disco ad alto livello. Cʼè una cosa che voglio che sappiano tutti e che lo sappiano adesso: mʼè capitato di essere stato infamato da fanzine perché io andavo a cantare la mia canzone a Buona Domenica, ma ciò che vorrei si capisse bene, è che io non ho mai pensato di rappresentare nessuno che non fosse strettamente la mia balotta o chi si identificava nella mia musica. Ma io personalmente, non ho mai pensato di rappresentare nessuno, né di dire cosa bisogna fare o cosa non bisogna fare. Eʼ vero, è lʼHip Hop che mi sta dando comunque la possibilità di farmi conoscere, ma fidati che io pago i miei debiti allʼHip Hop, non ho bisogno di mettermi su un giornale e farmi vedere con i dieci più bastardi dʼItalia. Non ho bisogno di mettere Alienarmy sul disco, per dire che io pago i miei debiti allʼHip Hop perché, fidati, che Alienarmy lo sa che a livello di pagamenti siamo più o meno lì... Poi, per il fatto che mi stia andando bene, penso che a me nessuno abbia mai regalato niente. Diciamo che la mia aspettativa è questa: non voglio, una volta che sono un minimo dentro, essere nella categoria media. Io vengo da anni fuori e sto anche bene fuori; oggi come oggi potrei tranquillamente chiudere i battenti, salutare tutti, farmi un cd da solo e tirare dentro due o tre persone veramente capaci che io conosco, vendermi diecimila copie senza SIAE, senza niente, e farmi un pacco di soldi, comprarmi un Mercedes nel giro di un mese, poiché diecimila copie autoprodotte sono molti più soldi rispetto alle centomila copie con lʼetichetta. Il mio obiettivo è vedere quello che succede. Io lo so cosa voglio fare, io voglio crescere se devo fare questo lavoro, perché comunque ho trentʼanni, ho famiglia, la casa... Non ho le motivazioni di un mocciosetto che banfa. Se andasse male, non mi vedrete, come dicevano i Pooh, ʻstare nei porti a tagliarsi le veleʼ, mi vedrete portare il mio business in una realtà parallela. In questo momento, io sono dentro allʼunico mercato che cʼè. Allora, a questo punto, vediamo chi ha le carte migliori, chi sa giocare meglio a ʻsto gioco, vediamo chi ha più talento, oppure vediamo chi sa scrivere meglio le canzoni. E per chiudere il discorso di prima, ʻsta gente mi vedrà sempre di più a Buona Domenica, mi vedrà sempre di più a Domenica In, oppure non mi ci vedrà mai più e saranno tutti felici. Però intanto loro staranno sempre mangiando le merendine che gli compra la mamma, io comunque devo fare qualcosa...

-Queste cose succedono sempre quando qualcosa si espande; parlando di qualcosa che conosco piuttosto bene, anche per Aelle le cose sono cambiate e certi hanno visto un cambiamento radicale tra lʼAelle che Sid distribuiva a mano alle jam e lʼAelle sul banco dellʼedicola. In realtà, la sostanza è rimasta sempre la stessa, nonostante sia cambiata la forma, per una necessità umana di evoluzione...

“Essere sui banconi di unʼedicola o su quelli di un negozio di dischi, o essere in televisione a fare unʼintervista da Costanzo, vuol dire tante cose. Vuol dire che ti vedono. Ed essere visto, vuol dire sia che ti vede chi magari poi ti compra il disco, sia chi ti vede e non aspetta altro di beccare qualcuno fuori dal suo posto per dire ʻehi, ma cazzo, quello non è al suo solito posto, che storia è?ʼ; le ho fatte anchʼio ʻste robe e avendole fatte, io so che almeno per me si trattava di un viaggio di quellʼetà. Però, quando uno ha quella testa non vuole sentire niente, la pensavo così e per me era così. Mi sembrava tutto talmente categorico... Io dicevo una cosa ed era quella. Mentre poi, negli anni, ho imparato a godere del mettermi in discussione, ho imparato ad utilizzare il mettermi in discussione. Lʼatteggiamento severo che io avevo è rimasto, ma lʼho girato tutto nei miei confronti; alla fine si riflette anche nei rapporti che ho con la gente, infatti a volte non mi si sopporta. Ho cominciato sempre di più ad essere molto severo nei miei confronti nellʼottica di ottenere qualcosa. Dove magari uno normale, fra un cocktail e lʼaltro, con grande calma, si scrive un Lp, al contrario, per me, quando è stato il momento, per una settimana mi sono talmente stressato che ho dovuto per forza fermare tutto, altrimenti a quel modo non avrei tirato fuori niente. Mi dicevo proprio: ʻbastardo, adesso devi fare il disco, stronzo, adesso devi metterti lì,ʼ non so quanta gente sopporterebbe questo stress col quale mi imbastisco; nel mio caso, è così che io riesco ad ottenere le robe. Alla fine, però, ho visto che dopo una settimana, mi sono trovato in condizioni agitatissime, senza poter dormire e senza poter tirare fuori una sola nota o una sola parola. Quello che mi fa sentire veramente forte è che, ad un certo momento, mi sono detto: ʻEʼ solo musicaʼ. A differenza di altri che vivono la loro vita uscendo la sera alle undici, andandosi a bere qualcosa in un bar e cercando di rimorchiare in qualche locale, io vivo attraverso la musica; quello che loro fanno mentre vanno fuori, lo faccio mentre ascolto la musica, mentre vivo la musica. Io proprio ringrazio la musica, sento la musica, sembra un discorso di Bocelli, ma è vero, io ce lʼho ʻsta roba, non è che mi devo sforzare. Dopo questa settimana famosa di stress, mi sono detto, ʻbon, è sempre venuta fuori da sola, è sempre venuta via così e allora deve essere musica e bastaʼ. Tantʼè vero che dopo mi sono messo a giocare per due o tre giorni al Nintendo e poi tranquillamente mi sono trovato a fare i pezzi. Dopo un poʼ di mesi di costruzioni di basi, ho notato che non affrontavo mai lʼargomento ʻscrivereʼ, così mi sono detto che ci voleva la terapia dʼurto e mi sono figurato di essere come quei giocatori di basket che se li lasci tirare liberi e piazzati, sbagliano, ma se tu stai gli difendendo alla morte davanti, con la tua mano in faccia, in sospensione, si alzano e la buttano dentro. Se tu mi lasci tirare dalla mia piastrella o passo o sbaglio il tiro, mentre su tu mi marchi stretto, io segno. A quel punto, a fine agosto, non avevo ancora una canzone scritta, ma ho detto che dopo due mesi saremmo andati in studio, a ottobre. Il giorno prima di entrare in studio, ho scritto “Vento Freddo” e sul momento ho pensato che era un pezzo forte, ma non pensavo mai più che quello avrebbe potuto essere un singolo...”

-Adesso ti si prospetta un periodo piuttosto attivo...

“Averne sempre di questo lavoro... Anche se io odio parecchi aspetti della mia professione perché comunque in realtà, il sogno della mia vita è, se devo fare i dischi, farli, venderli e basta.”

-Questo è praticamente impossibile se non a certi livelli...

“È possibile, ma non senza pagare prezzi molto alti e comunque non subito. Per esempio, i REM se lo sono potuto permettere di fare un disco senza fare nemmeno un tour, però erano già al quarto o quinto Lp.”

-Non ti piace suonare dal vivo?

“È sempre più difficile, in questa formula, trovare lo stimolo che mi porti a suonare dal vivo. Teniamo presente che io suonavo la batteria e se cʼè uno strumento che proprio ti permette di avere effetto sulla gente quando sei dal vivo, beh, quello è la batteria.”

-È anche vero che il batterista, proprio per una questione oggettiva di spazi, è lʼopposto del frontman, visto che si ritrova per scelta, nascosto dietro questo strumento enorme che, in fondo, lo separa nettamente non solo dal pubblico ma anche dal resto del gruppo, pur rendendolo fondamentale in quanto portatore del beat; non so quanti siano passati da dietro la batteria a cantare di fronte al pubblico, a parte Phil Collins...

“Beh, per esempio Don Henley, che era il batterista degli Eagles, ha avuto dei discreti successi anche come cantante. Ovviamente, io sono molto più professionista nella parte istintiva della faccenda, ossia, io sento la musica, ho delle visioni musicali, cerco di rimetterle giù in un pezzo e ho notato di avere un gusto abbastanza semplice, abbastanza popolare tutto sommato, per cui piace alla gente. Ad oggi, non ho mai sentito una volta il suono che occorre per fare questa musica, e lo puoi anche chiedere ad Esa, Skizo, Next e a tutti i produttori di ʻsta roba qua; uno come noi, che magari sta quattro mesi sul beat di una canzone perché quella canzone suoni in un certo modo, non può poi vedersi il proprio lavoro di mesi arrivare su un palco dove la gente non sentirà mai la roba così come la si è concepita. A quel punto ci vuole un grande intrattenitore, come ad esempio Esa è diventato, o come ho visto essere Doug E. Fresh; allora a quel punto, un grande intrattenitore così, una cosa te la fa anche senza impianto, io purtroppo non la so fare. Più di loro, io, forse, so giocare con la mente, allora vado a giocare con la mente dalla mattina alla sera. Comunque, per questʼanno, ho già parlato con chi di dovere per riuscire ad avere lʼimpiantone-bomba, quindi si tratterà di vedere se riusciamo a far succedere questa cosa. Durante il tour scorso, ho sofferto anche molto il fatto che non avessimo moltissimi pezzi, perché avevo il disco con troppi ospiti, tantʼè vero che, con molto dispiacere, ho dovuto lasciare alcune persone fuori da questo disco; non lo dico come quando Maldini fa le selezioni per la nazionale, perché non penso che la gente aspetti solo me, più che altro non volevo che si ricreasse questa situazione per cui, senza ospiti, io non potessi portare il mio disco in giro. Quindi, sono andato da Deda, dicendogli chiaramente di voler fare un disco improntato maggiormente sul nostro asse: di conseguenza, è stato facile inserire Al Castellana, perché comunque Al è uno su cui abbiamo dei progetti anche come etichetta e quindi mi sembrava giusto che lui avesse parecchio spazio. Noi, in realtà, non cercavamo altro che un cantante fisso, tutto nostro; lui è uno che già dallʼinizio la pensava un poʼ come noi sullʼItalia in generale, anche perché è uno che ha portato il suo demo a delle case discografiche che gli dicevano che il suo suono era troppo americano e poi, paradossalmente, ti vedi un Sanremo dove alla fine, nove cantanti su dieci cercano di rifare Spagna, che a sua volta cerca di rifare Whitney Houston, che a sua volta sta cercando di levarsi un poʼ di nero di dosso, per mischiare il soul afro-americano al country...”

-E qui andiamo direttamente a “Carcere A Vita”...

“Circa tre anni fa, quando mi ero appena trasferito a Milano, poco prima che uscisse il primo disco, una sera mi trovai a casa di alcuni amici e portai fra gli altri, questo 45 giri che stranamente avevo trovato in mezzo ai dischi dei miei e che feci ascoltare un pochino in giro; nel momento in cui mi misi a lavorare a questo nuovo Lp mi tornò in mente e lʼho usato. Adesso, parecchia gente sta scoprendo il genere dei melodici napoletani, il filone un poʼ più roughneck, un poʼ più duro, quello che viene dai bassi: se esiste un filone di gangster è lì e in qualche canzone popolare che comunque proviene dal meridione. A Napoli è sempre esistito questo filone che proviene dalla realtà e che poi sfocia nella sceneggiata mentre, a sua volta, la musica esce dalla sceneggiata. Chiaramente parla di lui che ha beccato la moglie con un altro, ammazza almeno lʼaltro e dice: “Carcere a vita, uomo perduto, femmina senza cuore, spero nella libertà”, e poi continua con un “mamma sei rimasta da sola e vai a pregare ogni sera”... è davvero ʻoriginal gangsterʼ. Quando poi Kaos fece il suo disco e su “Fino Alla Fine” disse: “la vittima è la musica, lʼaccusa è di omicidio”, allora, mi è subito venuto in mente di accostare le due cose per rendere meglio lʼidea. Mi piace molto come la frase napoletana si incastra nella base.

-Parlavi prima delle tue collaborazioni con Deda e con altri... Come funziona la faccenda?

“Io e Deda ormai abbiamo raggiunto un grado di conoscenza uno dellʼaltro abbastanza peso, per cui io so più o meno sempre cosa pensa Deda. Diciamo che se io ho dei dubbi su qualche cosa, o quando voglio essere comunque rincuorato o definitivamente bastonato su qualche cosa chiamo Deemo, perché non so sempre come potrebbe vederla. Diciamo che, sia per me che per Deda, il parere di Deemo è sempre abbastanza importante; dico abbastanza perché se io sono completamente convinto di una cosa non mi smuovo; ma se non sono sicurissimo e anche Deemo mi dice che cʼè qualcosa che non va, allora ci devo veramente riflettere. Per esempio, lui non voleva che remixassimo “Nella Luce Delle 06:00”, non poteva concepire che esistesse una versione remixata di quel pezzo, mentre invece per me è importante, sempre, mettermi in discussione, non sedermi su quel poco che abbiamo acquisito, come dicevo prima. Questo discorso, per me e per Deda, è speculare. Entrambi la pensiamo piuttosto così. Tutti dicevano che quel pezzo era davvero bello, e solo un pazzo poteva volerlo remixare, visto che la base era perfetta, ma comunque lo stesso Deda, che è lʼautore della base, quando ha sentito il risultato su questo disco ha detto che gli piaceva di brutto. Ben venga.”

-Unʼaltra cosa che trovo davvero impressionante riguardo ai “107 Elementi” è il crescendo che hai costruito pezzo per pezzo, incastrando perfettamente le tracce come a formare un unico libro con i suoi diversi capitoli, un inizio, un apice ed un epilogo... E poi ci sono dentro cose stranissime tipo “Parole Liquide”...

“Non è stato facile, ci siamo spaccati abbastanza la testa su queste cose, sullʼordine dei pezzi, per la loro importanza, per lʼinserimento di “Elementi” e di “Navigherò La Notte”. Per quanto riguarda nello specifico “Parole Liquide”, devo dire che a me piace anche scrivere. Ho scritto delle cose un poʼ visionarie e magari, quando sarò grande, pian piano metterò giù un libro di pensierini miei; fatto sta che a me è sempre piaciuto il ʻpoetry readingʼ come genere, e alla fin fine “Parole Liquide” dice alcune cose che io dico già in “Guerra e Pace”; di base, quello che voglio dire è che se noi non riscopriamo la nostra umanità, il nostro essere uomini, non si potrà andare molto lontano. La morale che noi conosciamo e sulla quale viviamo, si basa sulla filosofia greca, sul pensiero greco che poi i romani hanno ciucciato, che hanno fatto loro assieme ai territori greci; i valori che conosciamo noi sono quelli, ma sono valori che non possono più essere presi come tali nella vita che facciamo attualmente. Oggi, noi dovremmo metterci tutti quanti attorno ad una tavola e renderci conto che ci siamo spostati un poʼ. Solo nellʼ800 quei valori potevano ancora andar bene, ma lʼuomo non è più quello di allora. Prendi ad esempio il rapporto con il territorio: prima di avere lʼautostrada e la macchina, andare da un posto ad un altro, era ben diverso, magari ci mettevi due ore di cammino per andare fino ad un paesino in provincia di Genova e nel frattempo potevi avere chissà quanti incontri per strada che potevano anche cambiare la tua vita e potevi veramente avere un rapporto con il terreno che tu calpestavi. Oggi non è più così. Un poʼ di tempo fa lessi un libro di fantascienza che si svolgeva nel futuro innoltrato e che raccontava come la terra fosse stata persa dallʼuomo, dominata prima dalle formiche e poi dai cani; diceva anche che era venuto un filosofo-cane che si chiamava Juvain e che aveva cambiato la filosofia, infatti lʼautore del libro, che era un cane, visto che lʼuomo era una leggenda canina, racconta che prima di questa riforma della filosofia canina si viveva come dei pazzi. In pratica, io penso che in un certo senso noi abbiamo bisogno di uno così, abbiamo bisogno di una filosofia nuova. Infatti, il pezzo “Guerra e Pace” finisce con questo.”

-Secondo te dunque umanità dovrebbe diventare sinonimo di morale?

“No, aspetta, il fatto è che la parola umanità ha ormai perso il significato che aveva, oggi come umanità sʼintende il significato che gli ha dato Fantozzi con il ʻcome è umano Leiʼ, mentre invece lʼumanità è lʼessere uomini, nel senso di soggetto allʼinterno della Creazione, chiunque lʼabbia fatta; regno vegetale, regno animale e uomo.”

-Fatto sta che la religione sta cambiando comunque, indipendentemente dal giudizio della Chiesa, visto che da fenomeno di massa è passato ad essere una ricerca personale ed introspettiva... Cosa intendi tu quando affermi che dobbiamo aspettare un uomo tipo il filosofo del romanzo?

“In realtà io sono convinto che questa cosa possa succedere solo dentro noi stessi, per questo dico ʻrivoluzione nella mente serveʼ; se, oggigiorno, noi volessimo cambiare il mondo, non potremmo più andare in mezzo ad una piazza e spararci fra noi, come era possibile fare ancora negli anni ʻ60. A quel punto, perderemmo per forza, perché cʼè sempre qualcuno che ha sempre più pistole di te. E lo spiega il fatto che qui a Bologna intervennero poi i carrarmati in piazza: oltre quello non si poteva andare. Ormai la rivoluzione può esistere solo dentro la testa di una persona. Se io mi metto su un palco a dire cose tipo ʻtutti quanti noi dovremmo fare cosìʼ, non funziona, ma se tutti quanti scendessimo in strada e la logica del primeggiare sugli altri lasciasse il posto alla logica di essere tutti primi, allora le cose cambierebbero, ma queste sono utopie. Io non voglio essere mai un predicatore, perché non sopporto chi si fa portavoce di chissà cosa nella musica e poi in realtà sta a vendere dei gran dischi. Questo sarebbe un discorso da fare, basterebbe ammettere ʻio sto vendendo dei dischiʼ; non credo nei gruppi-bandiera, non vorrei mai essere un gruppo-bandiera, e per questo motivo mi sento anche molto tranquillo se qualcuno vorrà criticarmi perché io vado a Domenica In. Faccio presente che io non sono il profeta di nessuno e tu non sei il mio discepolo, tu se vuoi compri il mio disco, canti le mie canzoni, balli, ne discuti, litighi con i tuoi amici perché non ti piace, ma non pensare che io sia quello che deve rappresentarti... Quello che si deve capire è che, in realtà, io, Deda e Al siamo dei discreti panettieri; noi facciamo un tipo di pane, il pane di segala cocciuta si chiama, e se tu vuoi il pane di segala cocciuta lo vieni a comprare da noi, io quello sto facendo. Io non sto moltiplicando i pani e i pesci, io sto solamente facendo la mia pagnotta. Io non sono il tipo intellettuale che dice ʻoddio, come è degradante andare da Costanzoʼ e poi ci va comunque, per me è degradante andare in televisione e fare la figura del cretino. Il fatto è che il programma è magari nazional-popolare e quindi questo genere diventa molto spesso stupido, per motivi su cui dovremmo fare unʼaltra intervista a parte, anche perché si dice che la gente voglia questo, ma io sono convinto che in realtà prende quello che le si dà, e gente come Arbore o Fazio insegna che in realtà si possono dare notevoli stimoli anche in programmi di largo ascolto... Guardando quei varietà in bianco e nero che fanno vedere a tarda notte, ti rendi conto della professionalità di calibri tipo Alberto Lupo o il giovane Corrado e ti rendi conto del rapporto che avevano con il pubblico: avevano timore del pubblico, la gente a quei tempi aveva paura del pubblico, oggi guardi Bonolis e tu hai paura. Bonolis fa paura, Bonolis è aggressivo e ti costringe a essere ricettivo nei suoi confronti... Cʼè una certa violenza in tutto ciò... Forse stiamo andando verso il modello americano, dove cʼè tanta cortesia, ma non cʼè assolutamente intimità: una volta quando andavi a comprare il pane avevi dei momenti di vera intimità col panettiere, oggi, forse, neanche lo vorresti... Comunque, riportando il discorso sulla musica, anche lì vedo riproporsi il modello americano e cioè il voler creare questo atteggiamento per cui si vuole porre il proprio mondo come una cosa assolutamente esclusiva nella quale ti piacerebbe venire; tutti che parlano sempre di quanto sia massiccia la loro balottina, di quanto ci si diverte, eccetera. Ecco, questa è una cosa che io non promuovo assolutamente, se tu noti il taglio di questo Lp, vedi che non dice quanto siamo fighi, ʻvieni anche tu nei ringo boysʼ... Ti parla di persone abbastanza normali, di persone che hanno le motivazioni della gente comune. Sono convinto che, in realtà, anche i più stronzi che tu incontri per strada sono partiti con lʼessere dei mocciosetti che magari cercavano anche loro compagnia e affetto, hanno cercato una compagna o hanno cercato di scoprire se stessi nel sesso e poi hanno cercato di costruirsi una famiglia o un gruppo di amici... Hanno cercato di riempire questa vita, visto che nasci e muori solo... Io penso che tutti quanti noi abbiamo le stesse motivazioni. Se si pensa di mantenere il proprio Hip Hop “vero”, (poi la parola “vero” detta alle porte del duemila fa già una certa impressione), a quel punto ci devi mettere le tue vere motivazioni e la tua vera essenza; è anche vero che si tratta di spettacolo e intrattenimento. Per ricentrare lʼargomento, vorrei sottolineare che la musica dei Sangue Misto, in particolare lʼLp dei Sangue Misto, è molto chiuso e dice che qui non si entra, mentre in questo disco, io accetto chiunque venga da me e mi dica che non la pensa come me e poi può nascere una discussione. In questo disco non chiudo a nessuno. Noi, ai tempi dei Sangue Misto, abbiamo chiuso la cerchia anche con una certa visionarietà tipica nostra, ma io temo che quello che sta succedendo qui in Italia adesso, sia prendere come esempio gli americani neri; però, bisogna specificare che se tu non ti leggi almeno due o tre testi di sociologia bastardi, o comunque di storia del nero americano, tu non puoi capire perché lui si esprime in quei termini, non puoi capire come mai una come Foxy Brown o Puffy Combs vadano di moda. Lo stesso discorso vale per i centri sociali in cui si diceva che Buju Banton infamava gli omosessuali; è vero, ma prima vai a capire chi è veramente ʻsta gente, se proprio vuoi guardare quella roba. Allora io vorrei consigliare ai lettori di Aelle di andarsi a leggere “Il Popolo Del Blues” di Leroi Jones che è un libro che ti può far capire molto perché i neri sono così, e consiglierei sempre agli mcʼs, prima di dire qualche parola in un microfono di capire il perché di ogni cosa che sentono in giro. Fino agli anni ʻ60, un nero si doveva sedere in fondo allʼautobus per legge e quindi, quando oggi un nero si propone dentro un microfono perché sta rappando, non ha le motivazioni che puoi avere tu. Se sei italiano e fai rap in Italia, non puoi avere quellʼatteggiamento, perché la tua storia non è quella. Per quello che riguarda il rap in Italia, secondo me esiste la storia, la filosofia e la psicologia italiana applicata al mondo dellʼHip Hop e io credo che questo, un italiano, dovrebbe perlomeno considerarlo, quando fa il rap.”

-Nonostante tutto questo sia tangibile sul tuo disco, mi è parso di sentire comunque una certa influenza, ad esempio Wu Tang, attraverso certi titoli e certi argomenti come “Strategie DellʼUniverso” o “Guerra e Pace”...

“Ti dico la verità, sicuramente per me si è trattato di prendere delle ispirazioni, ma ti faccio anche un altro esempio. Ho ascoltato ultimamente la musica di un chitarrista brasiliano che si chiama Egberto Gismonti ed ascoltando la sua roba mi sono reso conto che lui è davvero un mistico; ed io ora so che sono un mistico fin da quando sono nato e capisco chi è mistico, come i Doors o Umberto Eco... Probabilmente i Wu Tang sono dei mistici. Quello che però mi ha fatto di più sentire il misticismo nel rap e che più mi ha ispirato è sicuramente Scarface; sono convinto che Scarface mi abbia veramente cambiato la vita, da quando ascoltai per la prima volta “Mind Playinʼ Tricks On Me”, mi sono detto che se devo davvero essere un rapper, preferisco mille volte essere uno con questo tipo di suono.”

Dopo un necessario time-out chiamato per forza dalla pausa pranzo in un fantastico ristorante bolognese, nonostante una certa intraprendenza del padrone, si riprende il secondo round di un incontro che, a parole, mi sta lasciando indietro di parecchi punti anche perché Neffa va da sé, senza bisogno di troppi input... Per la seconda parte dellʼintervista ci raggiunge anche Deda per ottime ed ovvie ragioni, fra cui la massiccia produzione di notevoli tracce sui “107 Elementi” ...

“Ho co-prodotto “Guerra e Pace”,” comincia Deda, “a solo invece ho fatto “Mai Dire Mai”, “Freaky Funk Flow” e “Suona Ancora”; poi, come partecipazioni al rap, sono in “Guerra e Pace”, “Strategie DellʼUniverso”, “Solo Fumo”, “Mai Dire Mai”, “Elementi” e “Nella Luce Delle 06:00”...”

-Quindi sono tue alcune delle produzioni più scanzonate tipo “Freaky Funk Flow” e “Mai Dire Mai”...

“Beh, sì, “Mai Dire Mai” è proprio particolare, infatti ci ha fatto anche abbastanza impazzire. Tra noi i pezzi nascono prima come basi e solo in seguito ci scriviamo i testi sopra; è nata così questa base che di per sé è davvero particolare, oltretutto ultimamente noi tendiamo ad usare sempre meno i groove completi, mentre quel pezzo ne contiene uno bello spinto.”

Neffa: “Io quella base glielʼho un poʼ imposta; lui me lʼha fatta sentire in un momento in cui si cominciava già a fare delle cernite. Quella base lì è venuta fuori in mezzo ad altre già piuttosto caparbie, ma mi ha pigliato subito bene perché, come viaggio, mi ricordava un poʼ robe alla De La Soul o Pharcyde. Ma poi, cercare di scrivere, su una base così, cercando di mantenere un vero e proprio discorso, non è facilissimo: ovviamente, più fai rap, più ogni base diventa proprio come se ci volesse unʼoperazione chirurgica. Paradossalmente, è più facile scrivere un testo su una base come “Strategie DellʼUniverso”, che comunque utilizza parole ricercate e difficili, che su una base come “Mai Dire Mai”... Andare a fare qualcosa su 95 bpm non è proprio uno scherzo. Infatti, ultimamente si vede che il rap sta tornando a ʻsta roba, mi piace molto che torni su ʻste cose veloci. Cose che faremo in futuro io e Deda, o eventuali robe dei Sangue Misto, torneranno, almeno da parte mia, a questo flavor da primi anni ʻ90, roba un poʼ veloce, rappata con una certa sagacia.”

Deda: “La roba veloce, la roba lenta... Un poʼ come lʼhardcore o altro... Sono tutte fasi che si alternano. Se si segue lʼHip Hop da un poʼ ci si accorge che è ciclico. In realtà, noi ce ne freghiamo un poʼ, e forse si capisce anche da questi pezzi che hai citato: anche ʻsta volta, siamo andati dove non stanno andando gli altri. Quasi tutti stanno andando verso una certa direzione, mentre da parte nostra stiamo prendendo una certa strada. Qui si entra su un discorso ben complicato sulla tendenza delle mode e su come la gente ha bisogno della roba bella facile e della pappetta pronta... In effetti, il disco è molto vario, e comunque ci sono diverse cose che probabilmente la gente non si aspetterebbe. Quasi sempre, quando noi abbiamo fatto delle cose, anche per i Sangue Misto, la gente non si aspettava la forma che il prodotto prendeva. Sapevamo che stavamo per fare uscire una roba che avrebbe spiazzato chiunque.”

-Uno dei marchi di fabbrica, Sangue Misto prima, Messaggeri della Dopa dopo (...), è stato lʼuso massiccio, in tutti i sensi, dello slang; fu copiato, ricopiato e strausato da un sacco di gente. Come stanno ora le cose visto che gli album non sono più chiusi come diceva Neffa prima?

Deda: “Come allora, non è certo un problema che va ad influenzare la nostra roba.”

Neffa: “Prima non ce lo ponevamo affatto, tantʼè vero che non si capiva niente, giusto? Eʼ vero che, quando doveva uscire il mio disco, cʼera gente che mi diceva che “Aspettando Il Sole” era il singolo perfetto, ma, secondo le mie conoscenze di allora non potevo crederci; secondo me, cʼerano troppe cose personali, troppe parole difficili...”

Deda: “Secondo me, comunque, la gente si abitua in fretta e forse non ci fa nemmeno tanto caso; bisogna sempre considerare il livello di fruizione, quando si parla di così tanta gente, ci sarà una parte di persone che leggerà il testo e poi capirà ciò che arriva a capire, e basta quello. In quel testo ci sono vieppiù e vieppiù passaggi che arrivano a chiunque.”

Neffa: “I Sangue Misto sono arrivati con un gergo assolutamente personale, che poi dopo un anno era diventata la lingua ufficiale dellʼHip Hop, per cui parecchi mocciosetti facevano freestyle usando solo parole nostre. Poi cʼè stato un attimo dove si è verificato un riaversi da questa cosa... In ogni caso, noi dobbiamo essere i primi a non sederci su questa roba, non ci siamo mai seduti su un bella lì, su un guaglione, su un già sai, capisci? E quindi, la mia intenzione era anche quella, su questo Lp, di parlare italiano; su “Guerra e Pace” non ci sono parole di slang, credo...”

Deda: “Un merito che forse noi abbiamo è stato quello di essere stati fra i primi a portare il nostro gergo personale nei testi delle canzoni. In Italia, però. Abbiamo un poʼ scoperto lʼacqua calda. Ancora oggi, senti le robe degli mc italiani e ti accorgi che cʼè ancora una certa difficoltà a portare lo slang di quattro o cinque ragazzini della tua balotta nei testi, allora prendi quelli americani e si sentono ancora robe del tipo ʻwhat? yo!ʼ, capisci? Quindi, abbiamo sì scoperto lʼacqua calda, ma cʼè chi, ancora oggi, continua a usare la doccia fredda. Eʼ normale... Tu senti lʼHip Hop, giusto? E, cazzo, fai uno più uno! Loro scrivono i loro testi usando le parole che usano fra loro, giusto? A quel punto, questo non significa che il tuo testo debba essere solo quello; quello è semplicemente un mezzo, fa parte del linguaggio, però poi scopri che cʼè anche gente che è in grado di raccontarti una storia, fare un discorso serio, scherzare, eccetera. Lo slang non è semplicemente slang, è una roba che ha tutta una sua storia, è il frutto di una comunità. In Italia, si tratta di comunità piccolissime, come potevamo essere noi tre, per cui diventa anche più audace proporlo a tutto il mondo, però il meccanismo è lo stesso, è una modifica del linguaggio che ha a che fare con i dialetti... Alla fine, comunque, non si tratta nemmeno di giudicare nessuno, non diciamo certo come debbano essere fatte le cose. Sia quando ascolti che quando fai musica, in pratica, rispondi alle tue esigenze; esigenze di cui hai bisogno, a quindici, venti o trentʼanni. Un ragazzino cerca una roba con cui identificarsi, unʼimmagine, uno slang da adottare, cerca unʼattitudine. Ma se tu hai lʼesigenza che ʻsta roba abbia il valore di un diario di bordo delle tue storie, allora lo fai secondo il tuo gusto...”

Neffa: “Diciamo che ci dispiacciamo molto con chi, per fare questo lavoro, è costretto ad inventarsi qualcosa per forza. Probabilmente non se la devono vivere molto bene. Noi nel bene e nel male, non abbiamo fatto altro che far vivere la musica che suonava dentro.”

Deda: “In riferimento a tutte le storie delle sfide, vorrei sottolineare una definizione di Hip Hop che mi aveva particolarmente colpito e cioè che lʼHip Hop è una forma dʼarte competitiva; questo aspetto può essere utilizzato in diversi modi, ma più che altro credo che serva a stimolare ognuno a superare i propri limiti e, in un secondo tempo, anche quelli degli altri. Poi Neffa dice una cosa che secondo me è totale e cioè che ogni idea, fuori dalle teste degli altri non è né sbagliata né giusta: è nella testa della gente che poi assume tutti quegli aspetti, bacati o meno. Qualsiasi roba, svuotata del suo significato, diventa un poʼ una cazzata e questo nellʼHip Hop è molto importante. Come quando i ragazzini si sentono dire che lʼHip Hop è una cultura, una cultura formata da quattro elementi, blah blah blah, ma non basta mica dire così, a ʻsto punto, che cosa è una cultura? Tutto è una cultura nella realtà, cultura significa che qualcosa ha una radice nella storia, per cui ha dei significati e dei motivi e comprenderla nella sua interezza è un poʼ complicato allʼinizio, per chiunque.”

-Credo che un bel poʼ di gente si chieda che cosa è successo al disco dei Sangue Misto che più volte è stato annunciato, anche su Aelle, e poi non è accaduto...

Deda: “Noi, dopo il disco di Neffa, avevamo avuto lʼintenzione di fare uscire qualcosa dei Sangue Misto; siamo andati a Lecce e abbiamo iniziato a lavorare con Gruff, ma il disco non ha preso il volo, per vari motivi che non hanno molto a che fare con il personale, a vederla adesso; era proprio una questione di cammino e di crescita per cui, lì, non ci poteva essere quel disco. Poi abbiamo anche perso un pelino di tempo, ma in realtà, lʼidea di fare quella roba rimane sempre, so che comunque anche Gruff ci pensa... Noi abbiamo sempre vissuto, a parte certi periodi, in maniera piuttosto problematica; tutta la parte che sta prima del disco dei Sangue Misto, ma anche dopo, è sempre stata abbastanza incasinata, per i soldi, per i contratti, per la Flying, per la Century, eccetera... e non è stato semplice.”

Neffa: “Vorrei ribadire che la gente sbaglia a vederci ancora come i tre grandi vecchi sulla montagna che per forza devono andare contro tutto e tutti; mentre invece quella roba è stata possibile in quel momento e già allora, quando andavamo in giro, cʼerano un poʼ di storie che dicevamo che già non ce le sentivamo più molto addosso. Sicuramente, lo sforzo musicale è stato grandissimo: il fatto che noi abbiamo scritto un pezzo come “Fattanza Blu” mi fa fiero per tutta la vita, capisci? Come diceva giustamente Deda prima, però, ai tempi quando avevamo venduto quattromila copie con i Sangue Misto, cʼera un tot di stress e allora è stato facile guardarci negli occhi e dire ʻadesso i Sangue Misto stanno un attimo in frigo e ognuno, se vuole, si fa un poʼ di cazzi suoiʼ... Poi fai un disco e vendi sessantamila copie e il giorno dopo non è che ti guardi easy e dici ʻora mettiamo Neffa in frigo e facciamo i Sangue Mistoʼ. La roba dei Sangue Misto sicuramente so che verrà attesa e avrà successo, per il nome e per tutto il resto, ma non penso che sarà un disco che noi porteremo in giro facendo concerti... Sarà una forma di evoluzione...”

Deda: “Se ci pensi avremmo potuto far uscire, anche subito dopo il disco di Neffa, un altro Lp preparato in due mesi, con sopra due ʻgià sai qui chi cʼèʼ e ʻsenti come suonaʼ; avremmo potuto fare una replica ripulita del primo disco. E venderne venti, trentamila copie. Ma il fatto è che deve andare bene a noi e le pretese sono molto alte, perché alla fine, noi siamo i più esigenti con noi stessi... Sangue Misto può essere la nostra roba, non tanto per poter fare ciò che con i Neffa non possiamo fare, bensì per portare i nostri strippi di sperimentazione in altre direzione che magari con i Neffa non abbiamo preso, perché non si può fare tutto in una volta. Facendo certe cose, con la nostra etichetta, non è più necessario venderne centomila per avere una soddisfazione di un certo tipo, ne puoi vendere anche ventimila e quindi farlo in un certo modo... ”

Neffa: “Quello che sappiamo di certo è che, sullʼetichetta, la scaletta delle uscite ha in programma Al Castellana, Lugi e i Sangue Misto... Detto così, prevede tutto un discorso piuttosto ampio, ma comunque cercheremo di spingere roba che ci sembra utile ad una direzione che dovrebbe prendere lʼumanità.”

-Beʼ, dopo tutto ciò, direi che abbiamo materiale a iosa; cʼè ancora qualcosa che volete aggiungere?

Deda: “Bacio tutti come Viola!”

Neffa: “Voglio solo mandare saluti. Mando i saluti alla gente che sa che non è potuta stare su questo disco perché non cʼera proprio più spazio fisico e poi voglio mandare i saluti a Lugi, Inoki e Gianni.”

Deda: “Saluti congiunti a tutti questi, più a Zona Dopa e a tutta questa faccenda qua.”

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